Ho frequentato l’accademia di belle arti per poterla criticare.
Il libro di storia dell’arte, consigliato al liceo artistico, non era quello che avrei scelto io, la tecnica era spiegata male e pochi professori avevano il carisma adatto a spronare gli allievi verso la ricerca e la sperimentazione. L’arte era un luogo chiuso e un poco asfittico, la scuola serviva a creare piccoli presuntuosi che ripetevano pedissequamente la lezioncina del giorno. Ma la mia generazione ne aveva piene le scatole di vecchi muri e paraocchi, le nuove tecniche bussavano prepotentemente al portone, ben presidiato da tromboni che suonavano sempre le stesse note, dei musei e delle gallerie.
A cominciare dagli inizi del 1800, grazie alle tecniche di riproduzione, l’artista non è più al servizio di re e papi, ma si trova a confrontarsi con scoperte scientifiche e sommovimenti sociali di enorme portata. Di tutta questa storia, al liceo artistico non si parla, nemmeno nell’ultimo anno. Basterebbe cambiare i libri di testo, io ho studiato “Storia sociale dell’arte” di Arnold Hauser (due volumi) che, già dal titolo, ci mostra una visuale diversa.
I privilegi, che il sistema offre all’artista, bastano e avanzano a smussarne l’impeto verso quel/quei cambiamenti che l’hanno portato alla ribalta. Così da “L’arte non è uno specchio per riflettere la realtà ma un martello per forgiarla” di Majakosvkij ai 10 dollari ad autografo di Dalì il passo, per molti, è breve.
Arte, cultura e shopping di qualità
Non me lo sono inventato per chiudere questo articolo, è una pubblicità che circola in questi tempi. E ho detto tutto …….. per ora.
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